La nave di Nam-Myoho-Renge-Kyo

Sfruttare il potere dell’Ichinen per trasformare la sofferenza in gioia e vivere pienamente il presente.

ichinen
3 min readApr 19, 2024

In “Una nave per attraversare il mare della sofferenza” Nichiren paragona la dottrina buddista a una nave per attraversare il mare della sofferenza. Il mare della sofferenza indica la vita, la quale, esattamente come il mare, è continuamente attraversata da onde e correnti, non è mai uguale a se stessa, ma cambia continuamente. È impensabile per un marinaio ritenere di non affrontare mai una tempesta.

Sapendo ciò, egli prepara la sua imbarcazione affinché sia forte e agile al momento del bisogno. Allo stesso modo, la pratica buddista assume per noi il significato di “preparare l’imbarcazione”, in modo da affrontare le tempeste della vita uscendone migliori e più felici di prima.

Attraversare il mare della sofferenza, da un punto di vista buddista, non significa semplicemente sopravvivere alle tempeste, ma uscirne preparati ad affrontarne di peggiori, con maggior fiducia in se stessi e nella propria nave, con una più limpida consapevolezza che la vita è anche le sue tempeste e che persino nel ruggito del vento e nell’infrangersi delle onde sullo scafo si può gioire dell’esistenza. Questa è la condizione di felicità assoluta che il Buddismo propone di realizzare.

L’Ichinen della Fede

La nave rappresenta l’ichinen della fede. Ichinen vuol dire letteralmente “un pensiero”, è il singolo istante presente vissuto da una persona. Secondo la dottrina buddista di ichinen sanzen, un singolo istante di vita contiene un potenziale infinito rappresentato da tutte le condizioni vitali possibili e il loro modo di manifestarsi nell’universo. “La vita in ogni istante abbraccia il corpo e lo spirito, l’io e l’ambiente di tutti gli esseri senzienti: le piante, il cielo e la terra, fino alla più piccola particella di polvere. La vita in ogni istante permea l’universo e si manifesta in tutti i fenomeni.”

Ritenere che la vita esista al di fuori del singolo istante presente è un’illusione che ci impedisce di costruire la nave della felicità. Il passato è passato e non esiste più, mentre il futuro deve ancora avvenire, ma un sutra spiega che entrambi esistono nell’istante presente.

Nel passato abbiamo creato le cause che si manifestano nel presente, e nel futuro raccoglieremo gli effetti di ciò che stiamo facendo adesso. Sia il rimpianto per le gioie vissute nel passato che la speranza di realizzazioni future equivalgono a relegare la felicità fuori dalla dimensione dell’ichinen, e sono anch’esse illusioni che ci sbarrano l’accesso alla felicità.

La natura di Budda esiste già nell’istante presente, e il suo manifestarsi è la condizione di felicità a cui tutti anelano. Ma l’istante presente è ineffabile e sottile, e su di esso operano le influenze del nostro modo di essere, della nostra storia, ossia del karma creato nel passato. Per questo riuscire a produrre volontariamente un cambiamento del proprio ichinen è un’impresa quasi impossibile senza un mezzo adeguato come la preghiera.

La preghiera equivale, per usare la metafora del Gosho, a costruire una salda nave che ci permetta di non affondare nella sofferenza, ma di sperimentare la gioia che deriva dalla vita stessa. Essa ci consente di trasformare la qualità dell’ichinen, attraverso l’ottenimento di un istante di autentica libertà dalla schiavitù del karma.

La forza dell’infinito potenziale umano racchiuso nell’ichinen, descritto come “le vele delle tremila condizioni sull’albero della dottrina della Via di mezzo,” ha la capacità di rivoluzionare la vita di una persona, mettendola in grado di accogliere e apprezzare il “vento di tutti i fenomeni rivelano la vera entità,” cioè i fatti della vita, sia negativi che positivi.

Tratto da Giulio Mario Rampelli_Buddismo e Società n. 96/ 2003

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